Quel che vi serve sapere: il nuovo e misterioso Teschio Rosso ha preso a bersaglio i partecipanti ad un meeting in cui saranno discussi gli appalti per la realizzazione di un gasdotto sottomarino che attraverserà l’Oceano Atlantico. La prima vittima è Arthur Dearborn, Presidente esecutivo della Roxxon Energy.

Ai margini del convegno si stanno anche svolgendo manovre occulte per impadronirsi della Roxxon e non è facile distinguere gli amici dai nemici.

Le squadre di Steve Rogers e Sharon Carter devono affrontare nemici insidiosi. Potranno farcela anche unendo le forze?

 

#49

 

BERSAGLI MOBILI

di

 

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

Un’isola del Golfo del Messico al largo di Cancún.

 

L’immagine dell’elicottero della Roxxon Energy che era appena diventato una palla di fuoco sembrò congelarsi sugli schermi di ogni dispositivo elettronico nel salone delle riunioni di un esclusivo resort poi scomparve per lasciare di nuovo il posto alla sinistra maschera del Teschio Rosso ed alla sua minacciosa voce:

<<Dearborn è solo primo della lista, presto toccherà anche a tutti voi. IO SONO IL TESCHIO ROSSO, E IL MIO NOME SIGNIFICA MORTE!>>

Subito dopo la trasmissione si interruppe lasciando i presenti, tutti uomini e donne d’affari, come pietrificati poi alcuni di loro cedettero al panico.

Non tutti, però: un piccolo gruppo mantenne la calma e tra loro c’era un uomo biondo dal fisico tonico che parlò con voce stentorea superando il vociare scomposto:

<Signori, signore… calmatevi, vi prego! Farsi prendere dal panico in questo momento non serve a nulla!>

Gli sguardi di tutti si volsero verso di lui. C’era qualcosa in quell’uomo, un’autorevolezza naturale che portò i presenti a dargli retta e calmarsi... tranne uno, un uomo non molto alto e stempiato gli si rivolse dicendo:

<Lo ha sentito quel pazzo, ha detto che ci ucciderà tutti ed io gli credo!>

<Datti una calmata, Kaxton.> intervenne un uomo corpulento con una calvizie incipiente che si rigirava tra le dita un sigaro spento <Sei troppo impressionabile. Io ho ricevuto un bel po’ di minacce nella mia vita. Non mi sono fatto intimidire allora e non lo permetterò adesso a quel buffone mascherato. A proposito, ma chi è? Credevo che il Teschio Rosso fosse stato assassinato qualche mese fa.>[1]

<A questo credo di poter rispondere io, Farrington.> replicò il russo Aleksandr Lukin, capo della multinazionale Kronas <Nel 1953, in piena guerra fredda, in Unione Sovietica, un uomo di nome Albert Malik assunse l’identità del Teschio Rosso e fondò un’organizzazione specializzata in azioni di sabotaggio ed omicidi politici che operava alle dirette dipendenze del Politburo[2] del PCUS.[3] Quando Krusciov salì al potere cadde in disgrazia ma da qualche tempo è tornato operativo.>

<Non può essere lo stesso. Avrebbe più di cento anni ormai.> disse una donna attraente dai capelli rossi.

<Come Nick Fury, il Barone Strucker ed altri. Forse anche lui ha trovato il modo di non invecchiare come gli altri. Non lo ritiene possibile, Miss Jankos?>

<Sembra molto informato, Mr. Lukin.> intervenne ancora il biondo.

Lukin lo fissò dritto negli occhi e replicò:

<Il Teschio Rosso è una vera leggenda dei nostri servizi segreti, impossibile nella mia posizione non esserne al corrente. La risposta la soddisfa, Mr…? >

<Smith, John Smith, CEO[4] delle Smith Enterprises.>

<John Smith? Un nome molto comune nel suo paese, giusto? Se non sbaglio è un classico nome falso, come Ivan Popov nella mia patria.>

<Me lo dicono in molti ma se avessi voluto usare un nome falso ne avrei scelto uno meno ovvio, non le pare?>

<Logica interessante, Mr. Smith.>

C’era qualcosa nel modo in cui Lukin lo guardava e nel suo tono di voce che faceva sentire Steve Rogers, perché di lui si trattava, a disagio. Era come se avesse capito che lui non era quello che diceva di essere, il che era impossibile, oppure no?  Dopotutto Lukin non era solo un accorto uomo d’affari ma anche un ex ufficiale dell’intelligence militare russa e Steve sapeva bene che i migliori in quel campo sviluppano una sorta di istinto che permetteva loro di riconoscere i propri simili.

Le sue riflessioni furono interrotte dalla stentorea voce di Leslie Farrington, uno dei più potenti ed influenti uomini d’affari degli Stati Uniti anche se pochi al di fuori di quel salone ne conoscevano l’esistenza.

<Ho appena parlato con un ufficiale della Guardia Nazionale messicana.>[5] disse <Hanno iniziato le indagini sull’attentato a Dearborn e manderanno qualcuno ad interrogarci tutti. Fino ad allora ci è vietato lasciare l’isola.>

Ci fu un mormorio di disappunto tra i presenti poi lo stesso di prima disse:

<E se ce ne andassimo ugualmente? Che possono farmi se mi faccio portare via dal mio elicottero? Non possono mica abbattermi.>

<Ne sei davvero sicuro, Kaxton?> ribattè, sferzante, Farrington <Potrebbero interpretare la fuga come indizio di colpevolezza o farlo comunque se ti rifiuti di tornare indietro. La polizia messicana non è mai stata famosa per la sua sottigliezza. Te la senti di correre il rischio?>

Carl Kaxton, presidente dei Kaxton Laboratories non replicò.

 

 

Golfo del Messico.

 

Terminato l’interrogatorio da parte della polizia messicana, tutti ritornarono ai loro alloggi. L’indomani si sarebbe deciso se proseguire il meeting o annullarlo.

In mezzo a tutta quella confusione e al trambusto generato dal Teschio Rosso, due vecchi amanti si ritrovarono.

<Non pensavo di trovarti qui.> disse Steve Rogers

<Lo stesso vale per me> rispose Sharon <Sei qui su richiesta di Fury, presumo.>

<È così infatti; Nick era preoccupato che qualcosa del genere potesse accadere... e come al solito, aveva ragione di esserlo. Ma tu invece? Perchè sei qui?>

<È il mio nuovo lavoro. Mi occupo della sicurezza di Mr Muldoon.>

<Beh non posso che approvare; Texas Jack è una brava persona. Ho visto che anche Rachel lavora con te.>

<Si, e non solo lei. Ho messo su una squadra variopinta.>

<Se li hai scelti tu non ho motivo di dubitare delle loro capacità... ma quando c'è di mezzo un terrorista del calibro del Teschio Rosso non si può prendere la situazione sottogamba, e non voglio correre rischi.>

<Mi stai dicendo di togliermi di mezzo?> chiese lei, stizzita.

<No, ti vorrei chiedere di collaborare. Mettendo insieme le nostre risorse sono convinto che possiamo fermare quel pazzo.>

<Una collaborazione dici... d'accordo, ci sto. Ma sia ben chiaro un punto: né io né i miei prendiamo ordini da te, intesi?>

<Intesi. Tra mezz'ora al mio bungalow.>

 

 

Da qualche parte negli Stati Uniti.

 

L’uomo poteva avere una cinquantina d’anni ed indossava un tipico camice da laboratorio. Stava chiaramente lavorando a qualcosa di pericoloso, visto che tra lui e l’oggetto dei suoi studi c’era uno schermo antiradiazioni. L’oggetto in questione era una sfera di metallo argenteo  

Improvvisamente una porta si aprì ed entrò un giovanotto dalla pelle olivastra e la testa rasata.

<Come sta andando, Dottore?> chiese senza mezzi termini.

<Per ora tutto sta procedendo come previsto.> rispose lo scienziato.

<Quanto ancora ci vorrà ancora prima che la bomba sia pronta?>

<Realizzare clandestinamente una bomba nucleare non è uno scherzo. Penso che ci vorranno almeno altre due settimane.>

<Gliene concedo al massimo una.> replicò seccamente il giovane il cui nome era Faysal Al-Tariq.

Lo scienziato non disse nulla ma alzò gli occhi al cielo.

 

 

Golfo del Messico

 

Nel bungalow assegnato a “John Smith” si stava tenendo un vero e proprio consiglio di guerra: tutti i membri dei Vendicatori Segreti e della squadra formata da Sharon Carter erano presenti... incluso Nomad, che era un ex di entrambi i team. Era inevitabile avvertire una certa tensione: Donna Maria Puentes non era felice che ci fosse anche Sharon, per lei una presenza ingombrante con la quale confrontarsi continuamente, sia come compagna di Steve che come ex agente dello S.H.I.E.L.D. Per quanto cercasse di non darlo a vedere, Donna Maria provava verso Sharon Carter una sorta di complesso d'inferiorità.

Per Jack Monroe la situazione non era certo più lieta: aveva mollato la squadra di Steve solo per poi tornare da lui a chiedere il suo aiuto, mentre i sentimenti di rabbia e gelosia che provava verso Sharon e Paladin non erano certo tramontati.

Ma tutti i presenti erano dei professionisti, e sapevano mettere da parte le proprie questioni personali, davanti ad una minaccia come quella che si trovavano ad affrontare.

<Benvenuti.> li salutò Steve <Ho chiesto questo incontro per condividere le informazioni e decidere insieme a voi il da farsi. Innanzitutto, è mio dovere dirvi qualcosa al riguardo della presunta vittima: stando a quanto ho appreso tempo fa da Iron Man, Arthur Dearborn è in realtà un superumano capace di convertire il suo corpo in microonde, ed opera con il nome di Sunturion; pertanto, ritengo che una normale esplosione non possa ucciderlo.>

<Ritieni che sia in combutta col Teschio e che abbia inscenato la propria morte?> chiese Bucky.

<Non lo credo possibile: stando a quanto ha raccontato Iron Man, Dearborn è…. O era un uomo onesto e di severi principi morali. Al momento non batterei questa pista; sono in pochi a conoscere quanto vi ho appena detto... inoltre, Dearborn aveva interesse a partecipare al meeting, per cui al momento mi sfugge il movente per il quale potrebbe aver potuto mettere su una farsa del genere.>

<<C'è dell'altro, comandante.>> a prendere la parola fu Amadeus Cho, che era collegato da remoto e appariva sullo schermo di un PC portatile.

<<Dalle mie analisi del luogo dell’attentato a Dearborn, a vaporizzare il suo elicottero non è stata una comune esplosione, ma una scarica di plasma sparata dall’alto, forse da un satellite, in grado di dissipare le microonde.>>

<Merda. Vuoi dire che il Teschio può accedere ad armi così sofisticate?> chiese Paladin.

<Questo significa che il Teschio Rosso sapeva chi era realmente Dearborn, e che quindi potrebbe essere davvero morto.> fece notare Yukio.

<Il che vuole anche dire che il nuovo Teschio Rosso ha un servizio informazioni davvero notevole..> commentò il Soldato d’Inverno <Mi chiedo come faccia ad avere accesso ad informazioni riservate.>

<Lukin.> borbottò Yelena Belova.

<Cosa?> chiese Paladin.

<Aleksandr Vassilievitch è stato Vice Direttore del G.R.U.[6] ed in quel ruolo ha avuto libero accesso al moltissime informazioni da ogni parte del mondo. Se… se fosse lui il Teschio Rosso… non oso pensarlo.>

<Ma Lukin era con noi nel salone mentre il Teschio Rosso parlava.>> osservò Donna Maria

<<Con la tecnologia moderna sembrare in due luoghi contemporaneamente è un giochetto da ragazzi.>> replicò Amadeus.

Steve tacque riflettendo. Era questo il segreto che la Dottoressa Emily Snyder aveva cercato di barattare con la sua libertà venendo uccisa prima di poterlo rivelare?[7] Avevano sempre avuto il loro avversario sotto il naso e non l’avevano capito? E se era cosi, la loro copertura non valeva più niente: la sua squadra e quella di Sharon erano in pericolo più degli altri.

 

 

In un altro Bungalow non molto distante.

 

Aleksandr Vassilievitch Lukin ostentava una calma glaciale mentre parlava con il suo più fedele e stretto collaboratore Lev Illyitch Kuryakin ma quest’ultimo lo conosceva troppo bene per farsi ingannare.

<Quando ho riconosciuto Steve Rogers ed il resto della sua squadra ho fatto fatica a restare impassibile. Per fortuna ho ricevuto un buon addestramento a dissimulare le mie emozioni.> stava dicendo Lukin.

<E se loro sono qui…> replicò Kuryakin <… vuol dire una cosa sola.>

<Qualcuno ha informato lo S.H.I.E.L.D. che avrei colpito qui e credo anche di avere qualche sospetto su chi possa essere.>

<Stal o Debra Levin o entrambi. Ti avevo avvertito che era un errore farli entrare nell’organizzazione ma tu vuoi sempre fare di testa tua.>

Lukin fece una smorfia al rimprovero del suo vecchio amico, l’unico essere umano al mondo a cui permetteva di parlargli in quel modo.

<È stato un azzardo, lo ammetto, ma sono due elementi di valore e se davvero fossero dalla nostra parte, sarebbero una grande aggiunta alla nostra squadra. Dobbiamo scoprire chi di loro è, se lo è, un traduttore ed ho idea di come fare ma ne parleremo più avanti. Ora dobbiamo pensare al problema più urgente: Rogers e Carter.>

<Due avversari in gamba ed i membri delle loro squadre non sono da meno.>

<Ma abbiamo ancora un vantaggio: io so chi sono loro ma loro non sanno che io sono…>

Lukin si interruppe di colpo sentendo il rumore di una chiave che girava nella toppa. Pochi istanti dopo nel salottino entrò la bruna Yelena Brement, ex Tenente Colonnello del G.R.U. ed attuale capo della sicurezza della Kronas.

Con un sorriso cordiale Lukin la salutò:

<Bentornata, mia cara Lenka.[8] Tutto bene nel tuo giro d’ispezione? Nessun assassino appostato dietro i cespugli?>

<C’è poco da scherzare, Alek.> ribattè la donna <Le minacce di quel Teschio Rosso non sono da prendere alla leggera e non devo essere la sola a pensarla così. Immagino che anche tu abbia riconosciuto chi si è infiltrato tra il personale dell’organizzazione di questo meeting.>

<Ti riferisci alla giovane Vedova Nera? Certo: non mi sono fatto ingannare dal suo travestimento più di quanto lo sia stata tu.> replicò Lukin sorridendo <Ragione di più per essere tranquillo; con due donne in gamba come voi due a vegliare sulla mia incolumità, mi sento decisamente al sicuro.>

Yelena Brement scosse il capo sconsolata.

 

 

Il mattino seguente.

 

L’elicottero con le insegne della Roxxon atterrò proprio mentre cominciava a piovere. Ne scese un uomo sui cinquant’anni dai capelli bianchi e folti.

Ad accoglierlo c’era Leslie Farrington assieme a due agenti della sicurezza.

<Ben arrivato Walsh.> gli disse tendendogli la mano.

<Grazie.> rispose David Walsh, Vice Presidente della Roxxon e responsabile delle operazioni nel Sud Ovest <Avrei preferito non essere qui ma con la scomparsa di Dearborn sono l’unico che conosce a fondo l’affare ed il Consiglio ha deciso di mandarmi al suo posto.>

<Lo spettacolo deve continuare, non è così? quello che è accaduto a Dearborn è… disdicevole ma qui sono in gioco miliardi di dollari e non possiamo permetterci di essere sentimentali.>

Walsh storse lievemente le labbra. Il cinismo del padre padrone della Delmar Insurance, un uomo che sedeva nei consigli direttivi di molte società compresa la Roxxon, non gli piaceva ma non poteva farci niente.

<Speriamo che quel Teschio Rosso non attui le sue minacce.>

<Sciocchezze!> tagliò corto Farrington <Quest’isola è blindata e la sicurezza è ferrea. Quel pazzoide mascherato non potrà farci nulla. Ora andiamo. Sta cominciando a piovere troppo per i miei gusti.>

Mentre entravano nell’edificio principale del resort non fecero caso ad un uomo alto e magro dai capelli neri imbiancati alle tempi che stava fumando poco distante.

L’uomo fini di fumare, gettò il mozzicone e si avviò appoggiandosi ad un bastone.

Sul suo volto c’era un lieve sorriso. Leslie Farrington pensava di essere al sicuro ma presto Finisher, il migliore sicario del Teschio Rosso gli avrebbe dimostrato quanto si sbagliasse.

 

 

Suite di Carl Kaxton.

 

Dop aver bussato inutilmente un paio di volte, la cameriera usò il suo passe-partout per entrare. Lo yanqui che occupava la suite doveva avere il sonno molto duro o forse si era semplicemente stancato troppo durante La notte. Lo avevano visto rientrare in compagnia di una bella ragazza conosciuta al bar dell’hotel. Gli uomini sono tutti uguali e gli yanquis sono peggio degli altri.

La cameriera aveva appena finito di formulare questo pensiero entrando nella stanza da letto che rimase pietrificata dalla vista che le si parò davanti: Carl Kaxton giaceva sul letto con il petto squarciato. Su una parete, con il suo sangue, era stato tracciato il disegno di un teschio e sotto due parole in alfabeto cirillico: Красный Череп.[9]

Un secondo dopo la donna urlò.

 

 

Da un’altra parte dello stesso edificio.

 

Arianna Jankos si svegliò di buon’ora come era solita fare da sempre e dopo un po’ di esercizi di stretching ai bordi del letto si avviò verso il bagno per una doccia corroborante prima di affrontare la difficile giornata. Non aveva alcuna intenzione di farsi intimidire da quel pazzoide del Teschio Rosso. Questo meeting d’affari rappresentava la sua occasione per tornare nel grande giro e non intendeva farsela scappare.

Aprì la porta del bagno e sentì un dolore al collo. Non si accorse nemmeno di morire. La sua testa rotolò a terra ed il tronco la seguì subito dopo.  Qualcosa scivolò a terra proprio accanto alla testa mozzata. Era una carta da gioco dove al posto del jolly c’era la sinistra effigie del Teschio Rosso.

 

 

Bungalow di Aleksandr Lukin.

 

Yelena Brement uscì per prima e si guardò attorno con attenzione. Apparentemente nessun pericolo in vista ma, viste le notizie che aveva appena ricevuto, non poteva assolutamente essere tranquilla. Il Teschio Rosso aveva cominciato a colpire e si era dimostrato non meno letale ed incline alla spettacolarità del suo predecessore.

Yelena avrebbe preferito che Lukin non si muovesse ma lui era stato assolutamente irremovibile nel non voler annullare gli incontri del giorno rendendole la vita complicata. Yelena Brement poteva anche essere un’agente sotto copertura del G.R.U. ma questo non voleva dire che non prendesse seriamente il suo lavoro di responsabile della sicurezza dell’oligarca.[10]

Lukin uscì e si rivolse alla donna:

<Nessun assassino nell’ombra, mia cara?> le chiese in tono apparentemente divertito.

<C’è poco da scherzare, Alek.> replicò la donna <La situazione è mortalmente seria.>

<E quello che dico anche io…> intervenne Lev Kuryakin <… ma questo testone non ascolta nessuno.>

<Sono perfettamente consapevole della situazione, ma non mi sono mai fatto intimidire e non intendo cominciare adesso.> replicò Lukin ad entrambi.

Fece qualche passo verso la vettura che doveva portarli al centro congressi poi si fermò di colpo.

<Accidenti! Ho dimenticato il tablet nella mia stanza e mi serve. Vado a prenderlo.>

Si voltò e fece qualche passo verso il bungalow.

In quel momento la vettura esplose e l’onda d’urto investì lui e gli altri due scagliandoli a terra.

Passò qualche istante e poi Yelena Brement rialzò la testa. Si sentiva stordita ma non era ferita, grazie al Cielo.

Vicino a lei Lev Kuryakin si stava rialzando. Aveva un brutto taglio sulla fronte ma per il resto stava bene.

<Deve avermi colpito qualche detrito.> spiegò alla muta domanda di Yelena <Se fossimo stati più vicini ora probabilmente saremmo morti come l’autista. Sia benedetta la distrazione di Alek.>

<Alek!> urlò la donna correndo accanto a Lukin che giaceva al suolo. Era svenuto ma respirava per fortuna. Non sembrava avere ferite apparenti.

Yelena emise un sospiro di sollievo.

 

Poco distante, l’uomo di nome Finisher fece un gesto di disappunto. Non gli piaceva fallire un incarico. Sarebbe andata meglio la volta successiva, pensò allontanandosi.

 

 

Bungalow di Texas Jack.

 

La notizia degli omicidi e del fallito attentato a Lukin aveva gettato di nuovo nel panico i partecipanti al meeting che ora erano quasi tutti decisi ad annullarlo ed andarsene. Purtroppo per loro non sarebbe stato possibile: secondo l’ultimo allerta meteo un uragano stava per abbattersi sulla regione e tutte le partenze via aria o mare erano annullate. Gli agenti della Guardia Nazionale e della polizia locale si stavano dando da fare per rafforzare la protezione degli ospiti stranieri.

Sharon Carter era pensierosa. Il loro nemico era sempre un passo avanti. Avevano sospettato di Lukin ma lui stesso era scampato alla morte per puro caso. Chi era quel dannato Teschio Rosso e dove si trovava adesso? Al sicuro in qualche rifugio o più vicino a loro di quanto credessero?

<Un penny per i tuoi pensieri, bionda.>

A parlare era stato Paladin che aveva indossato la sua tuta speciale. Poteva divertirsi a fare lo spaccone ma al momento opportuno era sempre professionale.

<Li valuti così poco, Paul?> replicò Sharon <In ogni caso, puoi benissimo immaginare a cosa stessi pensando.>

<Lo posso immaginare anch’io, Miss Carter.> intervenne Texas Jack Muldoon <Confido, però che, grazie alla vostra competenza ne usciremo tutti vivi.>

<Mi piace la gente ottimista.> commentò Paladin.

Poco distante la giapponese Yukio era stranamente silenziosa. Era stata addestrata dalla leggendaria setta di ninja giapponesi nota come la Mano e le sue percezioni erano più acute di quelle delle persone normali, anche se ben al di sotto di quelle del suo amico Wolverine. In questo momento sentiva che qualcosa non andava ma non capiva il perché e per giunta cominciava a sentirsi stanca e questo era insolito.

Improvvisamente comprese ed urlò:

<Gas! Lo stanno immettendo qui dentro!>

 

 

Golfo del Messico.

 

Il magnate John Smith fu scortato presso una deliziosa villetta in cima ad uno strapiombo che dava sul mare, un punto da cui si poteva godere di un delizioso panorama. La Guardia Nazionale la riteneva più sicura

<Finchè rimarrete su quest'isola, señor Smith, sarete sotto la nostra protezione. Alloggerete in questa villetta fino a quando non sarà passata l’emergenza. È stata sequestrata ad un narcotrafficante ed è in attesa di essere messa all'asta.>

<La ringrazio, Ispettore Gutierrez.> disse Steve.

<Ho bisogno di avere le generalità dei vostri ospiti e di tutti coloro che devono avere accesso alla villa.>

<Non c'è alcun problema. La signorina Maria Almeyda è la mia segretaria da diversi anni.> disse, indicando Donna Maria <Mentre il signor Harry Jackson è il mio avvocato, colui che si occupa delle scartoffie legali> aggiunse, indicando Jack Flag <infine, il signore con gli occhiali oscuri è James Madison, il mio autista nonché guardia del corpo. È tutto. Non sono in attesa di ricevere altre persone.>

<La ringrazio. I miei uomini sono tutti attorno al perimetro della villa. Non c'è nessuno che può avvicinarsi senza il nostro consenso. Non ha nulla da temere, señor Smith.>

<Non ne dubito, capitano.>

Ma mentre il poliziotto messicano continuava a parlare, descrivendo le misure di sicurezza, qualcosa attirò l'attenzione di Steve Roges: era come un sibilo, un fischio, che si faceva sempre più forte.

In un attimo capì di cosa si trattasse.

<ATTENTI, STATE GIU'!> gridò, prima che il razzo colpisse, provocando una forte esplosione.

 

 

Bungalow di Texas Jack.

 

L’avvertimento di Yukio era forse arrivato troppo tardi? Texas Jack crollò a terra di schianto. Paladin agì rapidamente ed in modo sorprendente: afferrò il suo casco e lo infilò rapidamente a Sharon. Il casco si chiuse ermeticamente attivando contemporaneamente una riserva di ossigeno. Subito dopo Paladin cadde a terra. Sharon si guardò intorno. Solo Diamante era ancora in piedi. Era riuscita a trattenere il fiato quel tanto che bastava per poter reagire: usò un diamante esplosivo per aprire una breccia nella porta del bungalow che in qualche modo era stata sigillata dagli attentatori. L’aria entrò finalmente. Con un po’ di fortuna ce l’aveva fatta in tempo per non far perire i suoi compagni. Sharon l’aiutò a tenersi in piedi e la spinse oltre la porta all’aria aperta. Rachel tossiva ma sembrava star bene. Sharon si tolse il casco ormai inutile, fece un lungo respiro e si rivolse alla compagna:

<Tu controlla che gli altri stiano bene.>

<E tu?> le chiese Rachel.

<Io mi occuperò di loro.

Indicò tre donne ferme a meno di cento metri di distanza che indossavano delle tute scure e sembravano armate.

<Da sola? Ma…>

Sharon non l’ascoltava più: si era già lanciata all'inseguimento delle presunte attentatrici.

 

 

Nello stesso momento, dove si trova Steve Rogers.

 

Un elicottero atterrò poco distante dalle macerie in fiamme: era da lì era partito il razzo che aveva distrutto il lato nord della villetta.

Gli uomini della polizia messicana lo circondarono a fucili spianati. Intimarono al pilota di scendere con le mani in alto, ma non ricevettero nessuno risposta.

A scendere dal mezzo fu un uomo con una bizzarra armatura verde militare con elementi arancioni, che indossava uno strano casco che lo faceva sembrare un ciclope.

<Hola amigos!> disse l'uomo mascherato in tono di scherno, mentre un raggio laser partì dal suo elmetto, decimando i poliziotti.

<Ah, compagno Unicorno, il Russo adora quando tu fa così!> 

L'altro uomo a scendere dall'elicottero era un gigante di oltre due metri che indossava una maglia bianca a righe orizzontali rosse.

Si faceva chiamare semplicemente “il Russo”, un esperimento fallito di supersoldato: elementi biochimici e cibernetici nel suo corpo lo avevano reso incredibilmente forte e quasi immune al dolore, ma ne avevano limitato l'intelligenza, rendendolo un ritardato con un macabro gusto nell'uccidere.

<Beh allora mi sa che ti divertirai compagno, perchè ho intenzione di farlo molte altre volte.>

<Tu dici che qualcuno è sopravvissuto a esplosione?>

<Il capo ha detto di accertarcene. Pare che i nostri bersagli siano tipi tosti.>

<Oooh, al Russo piace ammazzare tipi tosti. Fanno più resistenza.>

<Ok, dividiamoci. Tu va a ispezionare il lato est.> disse l’Unicorno, andando verso le macerie fumanti.

 

 

Altrove.

 

Sharon era certe che le tre donne che stava seguendo fossero responsabili dell’attentato. Non erano certo lì per caso e non erano poliziotte o parte dello staff, di questo era abbastanza sicura.

Si fermarono al limitare della spiaggia e si voltarono verso di lei chiaramente pronte ad affrontarla.  Sulle loro tute c’era il simbolo del Teschio Rosso il che chiariva definitivamente la questione del loro ruolo.

Lei era da sola mentre loro erano in tre e da come si muovevano era ovvio che erano professioniste probabilmente con addestramento da forze speciali o peggio. Beh, anche lei aveva ricevuto un addestramento di prim’ordine e non aveva nessuna intenzione di farsi intimorire.

<Chi siete?> chiese.

Fu quella al centro, una donna alta dai capelli neri corti e un occhio sfregiato da una vecchia ferita, a risponderle:

<Siamo quelle che ti uccideranno.>

Accento russo, tanto per ribadire l’ovvio.

<Chi di voi ci proverà per prima?> ribattè Sharon in tono di sfida <O volete provarci tutte insieme? Io sono qui.>

Quella alla sua destra lanciò un grido e le balzò addosso brandendo un pugnale da combattimento. Rotolarono sulla sabbia avvinghiate l’una all’altra. Il pugnale sfiorò il volto di Sharon facendole un leggero graffio su una guancia. Sharon torse il polso della sua avversaria che improvvisamente lasciò la presa e si accasciò al suolo. Il suo stesso pugnale le aveva trafitto la gola.

Sharon non ebbe tempo per compiangerla o rilassarsi: un’altra lama le accarezzò la carotide mentre da dietro di lei arrivava una voce femminile:

<Ti ammazzerò, brutta troia.>

Sharon si mosse in maniera incredibilmente rapida: afferrò il polso della donna e la proiettò sopra la sua testa poi, mentre quella ricadeva a terra, le sferra un calcio al mento stordendola.

<Dovevi farlo, non annunciarlo.>

<Troppo giusto.> replicò un’altra voce di donna mentre Sharon sentì il freddo acciaio della canna di una pistola contro la sua nuca <Infatti ho pensato di spararti mentre eri occupata con Yulya e Svetlana ma poi mi sono detta che non sarebbe stato abbastanza divertente. So cosa stai pensando: potresti tentare una reazione ma io riuscirei comunque a premere il grilletto e tu non sei più veloce di un proiettile, non è vero?

No, non lo era, eppure non poteva lasciarsi ammazzare così e lasciare da sola la piccola Shannon.

Improvvisamente si sentì un leggero ronzio e la pistola saltò di mano alla nemica di Sharon che si ritrovò con le dita semiparalizzate. Si voltò verso la direzione da cui era arrivato il colpo che l’aveva disarmata ed esclamò:

<Yelena! Ne è passato di tempo dall’ultima volta.>

Yelena Belova, la Vedova Nera ufficiale, era in piedi con il braccio tesi verso la sua avversaria pronta a rilasciare contro di lei un secondo colpo del suo Morso di Vedova. Quando la donna si voltò verso di lei e la vide finalmente in volto, esclamò con evidente sorpresa:

<Irina?>

 

Nel frattempo, Steve Rogers...

 

Lo scudo energetico aveva assorbito il grosso dell'esplosione, come al solito.

Steve Rogers si alzò dolorante ma illeso dalle macerie. Per l‘Ispettore Gutierrez purtroppo non c'era stato nulla da fare.

<Maledizione...> sospirò Steve, poi andò alla ricerca di Donna Maria e dei suoi compagni.

Mormorò una preghiera quando li vide tra i detriti.

Si avvicinò a Donna Maria e le tastò il polso: batteva. La stessa cosa valeva per Jack Flag, disteso poco distante.

<Grazie a dio...> esclamò Steve. Il suo avviso era arrivato in tempo quel tanto che bastava affinché i due trovassero riparo dietro una scrivania in noce.

Ma dov'era Nomad? Era sul punto di chiamarlo quando vide una figura avvicinarsi.

Riconobbe immediatamente l'armatura, capendo così chi fosse il suo avversario.

Si sbarazzò rapidamente degli abiti sotto cui portava la sua uniforme, attivò lo scudo energetico e gli andò incontro.

<TU! Hai molto di cui rispondere!> gli intimò.

<Che mi prenda... c'è davvero qualcuno che è sopravvissuto a questo macello? Il capo aveva ragione a volersene accertare.>

Parlava Inglese con accento ceco. Era proprio l’Unicorno originale.

<Ti manda il Teschio Rosso, non è così?>

<Ci hai preso biondino... non che ci farai molto con questa informazione, all'inferno!> esclamò l’Unicorno, sparando un raggio dal suo elmetto.

Steve alzò lo scudo, deviandolo, e si lanciò alla carica.

 

In quello stesso momento, il Russo si muoveva tra le macerie fumanti in cerca di superstiti.

<A-Aiuto...> disse una voce dal tono dolorante.

Era uno dei poliziotti della scorta, seppellito sotto alcuni detriti.

<Oh, tu essere sopravvissuto a esplosione? Notevole. Il Russo è ammirato. Io dice davvero.>

Senza sforzo, il Russo lo tolse da sotto le rovine e lo sollevò come fosse un pupazzo.

<A me dispiace vedere che tu soffre. Io volere aiutare te.> così dicendo, gli torse il collo, girandogli la testa di 180 gradi.

<Ecco. Ora tu in un posto migliore Jahahahahahahaha!!>

<Schifoso macellaio!> gridò Nomad, saltandogli addosso.

Furioso per l'attentato e per l'uccisione a sangue freddo che aveva appena visto compiere, cercò di strangolarlo, ma il collo del Russo pareva una quercia.

<Ohhhh che sorpresa! E tu chi essere?>

<Sono la tua fine, mostro!> Jack aumentò la forza nelle braccia, ma ancora, il suo avversario pareva indifferente.

<Io no crede.> il Russo lo afferrò per il soprabito impolverato e si liberò con facilità di lui, scagliandolo lontano.

<Tu no messicano... tu sembrare me americano. Ma tu non sembrare molto ricco... che fare da queste parti? Turismo? Jahahahahahah!!>

Nomad si rialzò e partì all'attacco: lo colpì duramente, al petto e alla mascella, ma sembrava di colpire un muro di cemento.

<Dai, continua. Tu avere bella grinta, io dice davvero.> lo schernì l'avversario.

<Merda … non è un uomo normale. La mia solita fortuna. Mi ci vuole un’arma o sono fottuto.> pensò Jack.

 

 

Sulla spiaggia.

 

Sharon raccolse la pistola caduta alla donna che Yelena Belova aveva chiamato Irina, pistola che riconobbe come una Makarov PB con silenziatore incorporato in uso alle forze speciali russe, e gliela puntò contro.

<Le parti si sono invertite.> disse, poi si rivolse a Yelena <Sei arrivata appena in tempo. Non dirmi che eri qui per caso.>

La giovane russa sorrise avvicinandosi e rispose:

<Il Comandante ha pensato che dopo gli ultimi avvenimenti fosse il caso di fare un giro di controllo. A quanto pare, aveva ragione.>

<Come gli capita spesso.  Mi sembra di capire che conosci questa donna.>

<Si chiama Irina Shalimova. Come me era un allieva del Programma Vedova della Stanza Rossa. Sotto il profilo tecnico era eccellente come la Romanova… o anche me stessa.>

<Grazie per le lodi.> intervenne in tono sarcastico Irina.

Yelena la ignorò e proseguì:

<Ma sotto il profilo psicologico era un disastro: traeva troppo gusto nella violenza e nell’uccidere, non obbediva agli ordini e aveva la tendenza ad agire d'impulso, per questo fu scartata prima dell’esame finale.>

<Che senza una vera rivale, ossia io, a sbarrarti la strada hai superato a pieni voti. Avrei dovuto esserci io al posto tuo, il titolo di Vedova Nera avrebbe dovuto essere mio.> intervenne ancora Irina Shalimova.

<Sparisti subito dopo essere stata esclusa.> continuò Yelena <Uno degli esaminatori che aveva votato per escluderti fu trovato barbaramente ucciso in casa sua. Pensammo tutti che fosse opera tua ma di te non c’era più traccia. Ai servizi segreti russi arrivavano ogni tanto delle voci su un trio di assassine mercenarie guidato da una che corrispondeva alla tua descrizione ma non c’erano abbastanza elementi per verificarne l’autenticità. A quanto sembra, esisteva davvero e lavorava per il Teschio Rosso.>

<Paga molto bene, ha le idee chiare e sa riconoscere il valore dei suoi collaboratori.> commentò Irina.

<Dov’è adesso?> intervenne Sharon <Dove si nasconde? Quali sono i suoi piani?>

<Da me non saprete niente anche usando la tortura.> replicò Irina <In ogni caso non ci saranno interrogatori. Sapete anche voi come funziona.>

Fece un lieve sorriso e serrò rapidamente i denti.

<No!> urlarono, praticamente all’unisono, Sharon e Yelena.

Ma era ormai troppo tardi.

 

 

Alla villa.

 

Il combattimento tra Steve Rogers e l'Unicorno proseguiva. Il criminale aveva un notevole addestramento nella lotta corpo a corpo, ma quello che impensieriva Rogers era il suo equipaggiamento: la sua armatura lo riparava dai colpi che lui riusciva a portare a segno.

<È in gamba, devo ammetterlo> pensò Steve <E la sua corazza lo protegge bene. Ma devo stenderlo, e in fretta: a Donna Maria e Jack servono soccorsi.>

L'unico modo per potergli fare dei danni era colpirlo con lo scudo energetico, ma allo stesso tempo questo gli serviva per ripararsi dai raggio che il criminale emetteva.

Steve gli piazzò un calcio al torace e un pugno alla mascella, mandandolo al tappeto; una combinazione eseguita in modo tale da dargli la vittoria su un comune avversario, ma non sull’Unicorno.

<Devo ammettere che non sei male, biondino, stai resistendo più di quanto mi aspettassi... ma è del tutto inutile! Sono più potente di te, è solo questione di tempo!> così dicendo l’Unicorno emise un raggio di maggiore potenza: Steve si protesse con lo scudo, ma l'impatto fu tale da fargli fare un volo di diversi metri.

L'impatto con il terreno fu doloroso, ma Steve si accorse di come l’Unicorno paresse provato dallo sforzo.

<Forse so come poterlo battere...> riflettè Steve.

 

Intanto, anche Nomad aveva il suo da fare: il combattimento con il Russo continuava, ma non stava andando a suo favore.

Dai detriti ricavò un’arma rudimentale, un pezzo di trave di metallo, e con essa lo colpì, ma il Russo incassò il colpo senza battere ciglio.

<Eh eh eh eh... bel colpo amico. Tu volere fare... come dite in America? Un Home run con mia testa, dico bene?>

<Non so cosa mi innervosisca di più... il fatto che pare immune a tutto o il suo modo di parlare da deficiente!> borbottò Jack.

Andò un’altra volta alla carica, ma stavolta fu il Russo a colpirlo con un pugno: per Nomad fu come essere scalciato da un mulo.

<Bene bene... un punto per il Russo!> ghignò il criminale.

Una scarica di proiettili gli crivellò la schiena.

Il Soldato d'Inverno era arrivato, e come al solito, non sbagliò il colpo.

Purtroppo il suo avversario sembrava quasi non essersene accorto.

<Ahio. Tu mi avere fatto male.> disse il Russo, con un tono da bambino capriccioso.

Sollevo un grosso detrito, grande quando una roccia, e lo scagliò contro Bucky; questi evitò di venire schiacciato, ma la schivata gli fece perdere il fucile.

<Mi brucia la schiena. Ti ammazzerò per questo!> disse il Russo, mentre gli fu addosso.

Buck estrasse un coltello dalla cintura e non appena il nemico gli fu addosso, glielo piantò nell'addome … ma anche questo tentativo, si rivelò inutile.

<Bel giocattolino> si limitò a dire il Russo, estraendolo come niente fosse, poi colpì Bucky con un pugno, stordendolo.

<Svegliati. Io non ha ancora finito con te.> esclamò il Russo, afferrandolo per il braccio sinistro, quello bionico.

 

 

Sulla spiaggia.

 

Irina Shalimova cadde a terra e quando Sharon e Yelena la raggiunsero non poterono che constatare che per lei non c’era più nulla da fare.

<Il vecchio trucco della capsula di cianuro in un dente.> commentò Yelena.

<Vecchio ma sempre valido.> replicò, sconsolata, Sharon poi fu colta da un’idea <Una delle sue compagne è ancora viva. Possiamo interrogare lei.>

Quando si chinarono sulla donna, però, ebbero una brutta sorpresa: il calcio al mento che le aveva dato Sharon aveva attivato anche la sua capsula di cianuro ed era morta anche lei.

<Maledizione!> sbottò Sharon <Speravo che avrebbe potuto dirci qualcosa.>

<Dubito molto che lei e le altre sapessero qualcosa di utile.> replicò Yelena <Erano solo delle esecutrici.>

<La cosa non mi consola affatto.>

In quel momento arrivò Diamante, che nel vedere la scena esclamò:

<Pare che mi sia persa un po’ di divertimento.>

<Di questo genere di divertimenti farei volentieri a meno, te lo assicuro.> ribattè Sharon poi aggiunse <Come stanno gli altri?>

<Non hanno inalato abbastanza gas da aver subito danni gravi e sono fuori pericolo. I medici hanno comunque deciso di tenerli sotto osservazione nell’ospedale locale almeno per stanotte.>

<Una buona notizia, finalmente anche se temo che sarà l’unica. Il Teschio Rosso ci ha dichiarato guerra e colpirà ancora.> concluse Sharon.

Le altre non dissero nulla: sapevano bene che aveva ragione.

 

 

Alla villa.

 

Steve si stava tenendo lontano dall’Unicorno, obbligandolo a cercare di colpirlo con i suoi raggi; la cosa però lo stava lentamente spossando.

<Così ci siamo; se solo trovassi l'inclinazione giusta...> al pensiero seguì immediatamente l'azione, e portandosi più vicino, e con la giusta angolazione del suo scudo, Steve Rogers riuscì a riflettere uno dei raggi in modo da farlo rimbalzare direttamente sull’Unicorno, che venne colpito e steso dalla sua stessa raffica.

<Ce l'ho fatta!> pensò trionfante Steve, mentre gli si lanciava addosso.

<Va bene Unicorno, hai perso. Non provare a colpirmi con una delle tue raffiche: da questa distanza ti rimbalzerebbe direttamente in faccia. Adesso dimmi: chi è il Teschio Rosso? Dove si trova?> chiese, minaccioso.

<Tu sei un bastardo. Ma non hai ancora vinto...> dichiarò l’Unicorno; poi sparò l'ennesimo raggio, ma stavolta mettendo la testa all'indietro: la scarica andò a colpire la villa, facendo crollare altri detriti sulle macerie, lì dove si trovavano i corpi di Donna Maria e Jack Flag.

<NO!> gridò Steve lanciandosi in loro soccorso. L’Unicorno, barcollando, raggiunse l'elicottero e con questo si diede alla fuga, abbandonando il promontorio.

<Signore, ti prego... fa in modo che non siano rimasti feriti.> pregò Steve mentre scavava tra i ruderi in cerca dei suoi amici.

<Steve... siamo qui.> disse una voce.

Steve si voltò e vide Jack Flag che, a fatica, stava trascinando in salvo il corpo privo di sensi di Donna Maria.

<Jack… siete salvi, Dio sia lodato.>

<Sì… hanno sottovalutato le mia capacità di ripresa.[11] Ma a Maria serve un ospedale al più presto.> gli disse Jack.

<Sono già in contatto con i soccorsi.> rispose Steve.

 

In quello stesso momento, dall'altra parte della villa, il Russo stava per infierire su Bucky.

<Braccio di metallo... pensi d'impressionare il Russo? Io potere fare facilmente a pezzi. Tu stare a vedere.> ma prima che potesse fare un solo movimento, Nomad lo aggredì da dietro, avvolgendogli la testa nel suo impermeabile.

<Vediamo come riesci a respirare così, stronzo!> esclamò Jack.

Prima che il Russo potesse reagire, il braccio bionico di Bucky emise una scarica elettrica che mandò in fiamme l'impermeabile di Nomad, trasformando il Russo in una torcia umana.

<AAAAAAAAAAARGH!> gridò questi, correndo alla cieca, finendo poi col precipitare dal dirupo poco distante.

<Ecco che ci voleva a fargli provare un po' di dolore.> osservò Nomad, rivolto a Bucky.

Ma il Soldato d'Inverno era privo di sensi.

Mentre lo tirava su, Jack Monroe si chiese come avesse fatto ad emettere quella scarica che aveva incendiato il cappotto. Era forse un dispositivo di sicurezza? Sembrava quasi che il braccio si fosse… autodifeso.

<Jack... Bucky! State bene?> chiese premurosamente Steve, avvicinandosi a loro.

<Si... ce la siamo vista brutta, ma ce la siamo cavata... e voi?> disse Nomad.

<Lo stesso. Eravamo dall'altra parte della villa con un altro sicario, ma c'è sfuggito.>

<Si anche il nostro. Ma parlava con un accento russo, e non ci vuole Dick Tracy per capire chi lo ha mandato.>

<No, infatti. Il Teschio ha fatto la sua mossa, ma ha fallito. Adesso tocca a noi rendergli la pariglia.> rispose Steve, risoluto.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Episodio un po’ più lungo del solito ma denso di avvenimenti. Ma adesso passiamo alle necessarie note esplicative su fatti e personaggi che avete incontrato:

1)      Leslie Farrington è un personaggio creato nientemeno che da Stan Lee & Jack Kirby con Johh Severin è apparso per la prima volta su Strange Tales #137(storia di Nick Fury) datato  ottobre 1965. È uno spietato uomo d’affari che ha è alla guida di vari fondi di investimento e delle Assicurazioni Delmar per cui ha lavorato anche Brock Jones, il secondo Torpedo.e che hanno fatto anche causa per danni a Sub Mariner all’epoca in cui era nei Vendicatori,

2)     Karl Kaxton è stato creato da Stan Lee & Wally Wood, è apparso per la prima volta su Daredevil Vol. 1° #8 datato  giugno 1965. È in un certo senso responsabile della nascita di Stilt Man, il vecchio nemico di Devil.

3)     Arianna Jankos è stata  creata da Rob Liefeld con Fabian Nicieza ed,  è apparsa per la prima volta su X-Force Vol. 1°  #1 datato agosto 1991.

4)     David Walsh è stato creato da Christopher Yost & Khoi Pham su Scarlet Spider Vol. 2° #7 datato settembre 2012 ma il suo debutto in MIT è avvenuto su Marvel Knight #109 ad opera di Carlo Monni.

5)     Irina Shalimova è una creazione originale di Carmelo Mobilia anche se è liberamente ispirata ad Irina Svetlanova, personaggio del serial fumettistico franco-belga XIII di Jean Van Hamme & William Vance. Il cognome, invece, è un omaggio a Igor Shalimov, celebre giocatore russo degli anni 90 che ha giocato anche nella nostra serie A, vestendo la maglia di Foggia, Inter, Udinese, Bologna e Napoli.

6)     Il titolo è ovviamente un omaggio a quello di un film di 007.

7)     Infine una doverosa spiegazione sul perché Steve abbia in questa occasione usato l’alias piuttosto banale. Dopo essere ritornato dalla morte nel modo spiegato in Captain America Vol. 1° #350, con la sua mente trasferita in un clone di Steve Rogers, il Teschio Rosso si creò una fittizia identità americana come imprenditore e poiché il suo vero nome era Johann Schmidt, si limitò ad americanizzarlo in John Smith. Noi abbiamo immaginato che dopo che il suo inganno fu scoperto e lui fu di nuovo costretto a darsi alla macchia lo S.H.I.E.L.D. abbia preso il controllo delle Smith Enterprises e le usi come impresa di copertura quando occorre. In questa occasione sono servite come scusa per la presenza di Steve al meeting, dopotutto il “vero” John Smith non aveva forse la sua faccia?

Nel  prossimo episodio: continuano le trame del Teschio Rosso ma i nostri sono decisi a fermarlo. Si arriverà al confronto finale?

Ora volete sapere troppo. Leggete il nostro scoppiettante cinquantesimo episodio ed avrete tutte le risposte… o forse no. Chissà? Forse non lo sappiamo nemmeno noi. -_^

 

 

Carlo & Carmelo

 

 

 

 

 



[1] Su Vendicatori #90.

[2] Contrazione di Političeskoe bjuro ovvero Ufficio Politico, organo direttivo principale del Comitato Centrale Partito Comunista Sovietico e degli altri partiti modellati su di esso

[3] Partito Comunista dell’Unione Sovietica

[4] Chief Executive Officer.

[5] Forza di polizia creata nel 2019 che riunisce i compiti delle disciolte Polizia, Federale, Polizia Militare, Polizia di Frontiera, Guardia Costiera ed altre.

[6] Glavnoye Razvedyvatel'noye Upravleniye. Direzione Principale Informazioni, il servizio segreto militare russo.

[7] Nell’episodio #19

[8] Vezzeggiativo di Yelena.

[9] Krasnyy Cherep ovvero Teschio Rosso in Russo.

[10] Termine con cui sono definiti i ricchi russi.

[11]Durante una delle sue prime avventure Jack Flag ha subito un “bagno” di alcune sostanze chimiche create da Mr Hyde che gli concessero notevoli capacità di recupero.